Con la recentissima sentenza n. 28727 del 16.10.2023, la Corte di Cassazione si è pronunciata affermando che i coniugi, di comune accordo, possono chiedere congiuntamente e simultaneamente la separazione personale e il divorzio (per completezza, l’art. 473 bis.47 c.p.c., a cui rinvia l’art. 473 bis.51 c.p.c., si riferisce a: «separazione personale dei coniugi, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, scioglimento dell’unione civile e regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, nonché per quelle di modifica delle relative condizioni»).
Un unico giudizio, quindi, per definire la separazione consensuale e il divorzio introdotti dalla domanda congiunta dei coniugi.
Va detto che tale ipotesi consente, in concreto, di semplificare il percorso giudiziario dei coniugi che, nonostante le probabili “ferite” e problematiche derivanti dalla crisi coniugale, riescono a giungere ad una domanda congiunta per la separazione e il divorzio (di cui devono comunque ricorrere tutti presupposti previsti per legge).
Oggi, pertanto, è possibile raggiungere un unico accordo (sia di separazione sia di divorzio) e, conseguentemente, sottoscrivere un solo atto e depositarlo in Tribunale affinché vengano trattate contestualmente tutte le richieste.
L’intervento della Corte di Cassazione si è reso necessario a seguito del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. disposto dal Tribunale di Treviso, così come consentito dalla Riforma Cartabia.
In estrema sintesi, per comprendere i termini della questione è sufficiente ricordare che, ai sensi dell’art. 473-bis.49, la riforma Cartabia aveva espressamente previsto la possibilità di cumulo delle domande di separazione e divorzio nel rito contenzioso.
La riforma, invece, non aveva previsto esplicitamente tale cumulo nell’art. 473 bis.51 c.p.c. per le domande congiunte di separazione e divorzio: fin da subito, i giudici di merito e la dottrina avevano preso posizioni divergenti.
Vale la pena di accennare brevemente e schematicamente alle argomentazioni a sostegno dell’una e dell’altra tesi.
Argomentazioni a favore dell’ammissibilità del cumulo
Per i sostenitori dell’ammissibilità, la cui posizione è condivisa da chi scrive, l’intenzione del legislatore di permettere il cumulo anche nei casi di domanda congiunta era deducibile, dal punto di vista letterale, nell’art. 473-bis.51 c.p.c. laddove si fa riferimento ai “procedimenti” e non al “procedimento” di cui all’art. 473-bis.47 c.p.c.
Inoltre, la ratio del cumulo delle domande consente un evidente risparmio in termini di “economia processuale”, come anche confermato dalla deroga ai criteri di competenza territoriale e dal richiamo all’istituto della riunione previsto dall’art. 473-bis.49 c.p.c.
La Corte di Cassazione sottolinea che, a differenza della separazione consensuale, il divorzio a domanda congiunta ha natura meramente ricognitiva poiché sarà il Tribunale, con poteri decisionali, a verificare l’esistenza dei presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale (il Giudice «non è condizionato al consenso dei coniugi»): la tesi del cumulo, dunque, non contrasta con il divieto di “patti prematrimoniali”, in quanto le parti non dispongono anticipatamente dei loro status.
Argomentazioni contrarie all’ammissibilità del cumulo
La tesi minoritaria della giurisprudenza e della dottrina, assumendo l’inammissibilità del cumulo, sostenevano che il mancato rinvio all’art. 473-bis.49 c.p.c. limitasse tale possibilità solo alle ipotesi contenziose espressamente previste.
Inoltre, secondo tale tesi, il risparmio di energie processuali che si ottiene nel giudizio contenzioso non è comparabile con quello che si potrebbe ottenere nel procedimento di cui all’art. 473-bis.51 c.p.c.
In altre parole, il cumulo delle domande nel procedimento congiunto avrebbe l’effetto di allungare la sua durata, ora definibile in pochi giorni, in quanto, con il cumulo, il medesimo procedimento resterebbe pendente per tutto il tempo necessario al maturare dei presupposti per il divorzio.
Infine, per i sostenitori dell’inammissibilità, il cumulo si porrebbe in contrasto con il divieto di patti prematrimoniali, poiché le parti con un unico ricorso disporrebbero di entrambi gli status.
Decisione della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza in commento, dopo avere ammesso il rinvio pregiudiziale per la sussistenza di tutti i presupposti previsti dell’art. 363-bis c.p.c. (1) necessità della risoluzione della questione esclusivamente di diritto, non ancora risolta dalla Corte, per la definizione del giudizio; 2) gravi difficoltà interpretative della questione; 3) suscettibilità della questione di porsi in numerosi giudizi), si è pronunciata a favore dell’ammissibilità.
La Corte di Cassazione, accogliendo l’orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente (e le relative argomentazioni cui sopra si è fatto cenno), ha espresso il seguente principio di diritto:
«In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473-bis 51 c.p.c. è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».
La decisione della Suprema Corte, certamente condivisibile, è destinata a “semplificare” ulteriormente il percorso dei coniugi che presentano congiuntamente la domanda di separazione e divorzio e, in tal direzione, potrebbe concretamente avere l’effetto di sollecitare il raggiungimento di un accordo tra i coniugi.