Comunità Energetica Rinnovabile (CER) Nazionale: un passo avanti con qualche dubbio da chiarire e da valutare… per non perdere l’approccio “sartoriale”.

Ottobre 24, 2024

(di Alfonso Bonafede)

Con la FAQ pubblicata il 17 ottobre 2024, il GSE ha fornito un chiarimento atteso (e auspicato) da tanti operatori del settore energetico: in buona sostanza, viene precisato che è possibile costituire una Comunità Energetica Rinnovabile (CER) nazionale.

Occorre specificare fin da subito che si tratta di un chiarimento che rappresenta un importante passo in avanti nel percorso di implementazione delle CER nel nostro tessuto economico-sociale: l’estensione massima di una CER non è più quella della zona di mercato ma tutto il territorio nazionale.

Le implicazioni di immediata percezione sono evidenti.

Da un lato, si sblocca la possibilità di costituire una CER con estensione su tutto il territorio italiano a beneficio soprattutto di coloro (principalmente imprese) che vorranno costituire (e investire in) Comunità Energetiche Rinnovabili molto estese con una governance nazionale: ci si riferisce, in particolare, agli “aggregatori” che operano, a vario titolo, nel mercato dell’energia nel quadro del modello definito c.d.“comunity energy building”.

Dall’altro lato, è evidente che l’ispirazione esclusivamente territoriale che ha caratterizzato i primi modelli di CER concepiti dal legislatore italiano (inizialmente vincolati addirittura alla cabina secondaria) viene adesso superata a favore di uno scenario di sviluppo molto più variegato e complesso in cui la CER può assumere varie dimensioni, da quella più localistica di una comunità territoriale fino a quella decisamente più ampia di una CER Nazionale.

Il segnale è complessivamente positivo perché conferma che le Comunità Energetiche Rinnovabili si stanno ritagliando uno spazio (e un orizzonte) sempre più ampio e ambizioso nell’evoluzione futura della transizione energetica.

In questa direzione, ogni elemento di agevolazione della diffusione delle CER nel nostro tessuto socio-economico, fermo restando il rispetto dei diritti dei suoi membri sanciti dalla legge, è da guardare con favore (anche se, come vedremo, vi sono alcune criticità giuridiche che vanno segnalate).

Tanto premesso, vale la pena di fare qualche riflessione.

Una volta usciti dalla dimensione territoriale locale della CER, sembrava effettivamente poco ragionevole limitarne l’estensione massima alle singole zone di mercato che, giova ricordarlo, sono molto ampie (l’Italia si divide in sette zone di mercato: Nord (Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna); Centro-Nord (Marche e Toscana), Centro-Sud (Lazio, Abruzzo, Umbria e Campania), Sud (Molise, Puglia e Basilicata), Calabria, Sicilia, Sardegna).

Bisogna sottolineare come, nel percorso di raggiungimento dell’obiettivo di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità alle aree locali in cui opera la comunità (art. 31 comma 1 lett. a, D. Lgs. n. 199/2021), un ruolo importantissimo lo avranno le cabine primarie che, anche nel modello della CER Nazionale, fungono da “cellule” rilevanti ai fini degli incentivi e organizzativi (quest’ultimo profilo, soprattutto in base alla disciplina dello statuto della singola CER).

Si riporta qui di seguito il testo della FAQ del GSE:

«È possibile costituire una CER che operi a livello nazionale?

Sì, è possibile costituire una CER che, nel rispetto dei principi fissati all’art.  31 del decreto legislativo 199/21, operi a livello nazionale.

Affinché una CER nazionale possa valorizzare l’autoconsumo diffuso, deve individuare al suo interno configurazioni sottese alla medesima cabina primaria.

Con riferimento a ciascuna di esse viene calcolata la quantità di energia oggetto dell’autoconsumo diffuso e viene erogato il contributo per la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata, come definito da ARERA nel Testo Integrato dell’Autoconsumo Diffuso – TIAD e, se spettante, l’incentivo, come definito dal DM 7 dicembre 2023 n. 414. AI fini dell’erogazione del servizio per l’autoconsumo diffuso, da parte del GSE, finalizzato alla determinazione e valorizzazione dell’energia autoconsumata e di quella incentivata, per ciascuna configurazione dovrà essere pertanto presentata una richiesta di accesso, nel rispetto di quanto previsto all’art. 31 del decreto legislativo 199/21e dal citato TIAD».

Il numero di visualizzazioni sul sito del GSE (più di 1400 in pochissimi giorni, praticamente a pari alle visualizzazioni che altre FAQ, per esempio, hanno ottenuto da maggio ad ora) dimostra il grande interesse di tanti imprenditori ed operatori del settore rispetto alla possibilità di costituire una CER nazionale.

Infine, è opportuno fare alcune precisazioni.

Se da un lato il testo sopra riportato rappresenta un’apertura di cui abbiamo già sottolineato gli effetti positivi, è altrettanto vero che tale soluzione non è necessariamente quella da preferire nel singolo caso concreto.

Come abbiamo più volte ribadito (di recente, anche nel libro “Comunità Energetiche 2.0”), l’approccio rispetto alla forma giuridica utilizzata non può che essere “sartoriale”: ciò vuol dire che l’opzione di una CER nazionale (che amplia il ventaglio di scelte) non deve far perdere di vista l’importanza di individuare il modello che aderisce meglio alle esigenze e alle prospettive concrete del singolo progetto di CER.

In altre parole e a titolo esemplificativo, ipotizziamo il caso in cui un gruppo di soggetti abbia progettato una CER “locale” (limitata, per esempio, ad una zona di mercato ovvero ad una cabina primaria) in considerazione delle proprie risorse e del proprio legame con quel territorio; e ipotizziamo altresì che quella CER non abbia alcuna attuale prospettiva concreta di estendersi territorialmente a livello nazionale.

Supponiamo che, in forza del nuovo chiarimento del GSE, i fondatori di quella CER, nel dubbio su una eventuale crescita futura, decidano legittimamente di costituire una CER nazionale (pur consapevoli di non avere alcun “legame” con gli altri territori e di non avere al momento le risorse per un progetto del genere): ebbene, un approccio di questo tipo rischierebbe di scivolare in un grave errore di valutazione e pianificazione, trasformandosi di fatto in un boomerang.

Non si deve trascurare, per esempio, il rischio di perdere completamente l’efficienza organizzativa di una CER che, avendo necessariamente la struttura c.d. “a porte aperte”, si esporrebbe all’ingresso (in presenza delle condizioni previste dallo statuto) di una moltitudine di soggetti su territori totalmente “sconosciuti” dai fondatori con conseguente difficoltà (e, dunque, costi) di gestione.

Rimangono inoltre alcune perplessità di carattere giuridico che meritano di essere menzionate.

La FAQ del GSE, infatti, fa esplicito riferimento al necessario rispetto dei principi fissati dall’art. 31 del D. Lgs. n. 199 del 8 novembre 2021, all’interno del quale, a ben vedere, si stabilisce (comma 2, lett. c) che la condivisione dell’energia tra i membri della comunità debba avvenire nell’ambito della stessa zona di mercato, ferma restando la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi («L’energia può essere condivisa nell’ambito della stessa zona di mercato, ferma restando la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi di cui all’articolo 8, e alle restituzioni di cui all’articolo 32, comma 3, lettera a), secondo le modalità e alle condizioni ivi stabilite»).

Considerato che la fonte regolamentare (vale a dire le FAQ del GSE) non può derogare la fonte primaria, rimane un dubbio sulla tenuta giuridica del chiarimento del GSE, i cui sforzi di districarsi all’interno di una normativa complessa per poter dare risposte a tutti gli interessati vanno decisamente apprezzati.

Forse, muovendoci in una logica di acrobatico “tetris” idoneo a conciliare la CER Nazionale con l’attuale formulazione dell’art. 31, si potrebbe pensare ad una CER nazionale (eventualmente organizzata in macroaree di ampiezza massima pari alla zona di mercato) che si articola al suo interno, ai fini degli incentivi, nelle varie cabine primarie: in questo modo, il vertice nazionale fungerebbe da vertice organizzativo e gestionale con un unico statuto (e conseguente razionalizzazione dei costi) che disciplina e sancisce valori e regole della CER.

Come già esposto, si auspica che il legislatore, alla luce di questi primi mesi di esperienza, decida di intervenire con adattamenti normativi che rendano più agevole e semplice la creazione della CER: ciò consentirebbe di evitare una sovraproduzione di regole secondarie e consoliderebbe semmai la cornice normativa primaria di riferimento dando maggiore auspicata certezza del diritto in questa fase strategica per la creazione delle CER.

Tra questi adattamenti e modifiche di legge potrebbe trovare spazio sia la figura della CER nazionale sia, come più volte auspicato, la possibilità di creare una sezione specifica all’interno del RUNTS dedicata alle comunità energetiche rinnovabili.

In un sistema solido e lineare sarà più semplice individuare la veste giuridica necessariamente sartoriale delle CER.

Avv. Alfonso Bonafede

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