In data 24 gennaio 2024 è stato finalmente pubblicato il c.d. Decreto CER.
Come già detto in un precedente articolo (cfr. “Pubblicato (finalmente) il “Decreto CER” entrato in vigore oggi, 24 gennaio 2024”), l’entrata in vigore del decreto in questione rappresenta senz’altro un passo avanti importante per l’avvio delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) nonché di tutte le altre “Configurazioni di Autoconsumo per la Condivisione dell’Energia Rinnovabile” (CACER).
Ciò va ribadito ancora oggi, specificando ancora una volta che ci si riferisce al percorso formale del legislatore italiano: in altre parole, è positivo il fatto che sia stato compiuto un passaggio in più.
L’aspettativa legittima dei operatori del settore.
Tuttavia, dal punto di vista contenutistico e sostanziale, il Decreto CER ha creato una situazione di caos normativo non indifferente tra gli addetti ai lavori: questi ultimi, infatti, piuttosto che dedicarsi finalmente, dopo mesi di attesa, alla pianificazione di business plan e progetti in vista delle regole operative e del portale GSE, si sono incredibilmente ritrovati a portare avanti una faticosissima opera di interpretazione delle norme contenute nel decreto e di collocamento e coordinamento tra queste e il D. Lgs. 199/2021, il TIAD, le delibere ARERA e le FAQ del MASE.
E non perché le norme, prese singolarmente, siano particolarmente oscure nel significato ma semplicemente perché esse risultano completamente avulse dal percorso normativo in cui si inseriscono, contraddittorie tra di loro e rispetto alle leggi che le avevano precedute: in altre parole, sembrano scritte di getto (e con una certa approssimazione) da un legislatore che improvvisamente, su alcuni punti importanti, cambia direzione rispetto al D. lgs. n. 199/2021 che, sia sotto il profilo temporale che sotto quello della gerarchia delle fonti, rappresenta il presupposto e la base del decreto emanato.
Molto probabilmente, emergono i timori e l’estrema prudenza di un legislatore che si trova ad affrontare concretamente la reale e ampia portata innovativa delle Comunità Energetiche Rinnovabili nonché il loro ruolo strategico nell’ambito della transizione energetica.
Sia chiaro: questo contributo, lungi dall’esprimere una semplice critica al Decreto CER, vuole più che altro fare il punto sull’aspettativa legittima che gli operatori del settore (nonché cittadini, famiglie e amministrazioni locali) hanno sulle regole operative che dovranno essere approvate entro il 23 febbraio 2024 (ai sensi dell’art. 11, comma 1, del Decreto “CER”, con decreto del MASE su proposta del GSE e previa verifica di ARERA).
Il ruolo “nuovo” delle regole operative GSE
A questo punto, infatti, quelle regole operative che avrebbero dovuto avere un ruolo meramente attuativo di dettaglio, rappresentano adesso una sorta di “ultima spiaggia” per provare a fare chiarezza sul quadro normativo di riferimento per le Comunità Energetiche Rinnovabili.
Vari sono i nodi emersi nel dibattito di queste ultime settimane: a titolo esemplificativo, molti dubbi hanno sollevato, da un lato, il cap del 55% da destinare ai soli consumatori diversi dalle imprese e/o utilizzato per finalità sociali aventi ricadute sui territori e, dall’altro lato, il riferimento contraddittorio ai beneficiari del PNRR all’interno dei Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che, secondo l’art. 7 del Decreto CER sono individuabili nelle «comunità energetiche rinnovabili e i sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili » mentre, secondo le FAQ, sarebbe «colui che sostiene l’investimento per la realizzazione dell’impianto» (per un focus sui vari nodi sostanziali, cfr. L. Masi, Comunità energetiche rinnovabili: i dubbi sollevati dal decreto Mase, in Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2024; D. Patrucco, CER: leggi, decreti, dubbi su impianti e incentivi… e poca certezza del diritto, in Qualenergia.it, 5 febbraio 2024).
L’esempio più eclatante: gli impianti che possono accedere alla tariffa incentivante
Piuttosto che soffermarci sui vari nodi sostanziali contenuti nel Decreto CER, si vuole prendere in considerazione quello che si ritiene rappresenti l’esempio eclatante delle problematiche normative di cui si parla.
Ci si riferisce al fatto che, secondo il Decreto CER, gli impianti ammessi agli incentivi sono soltanto quelli entrati in esercizio dopo la costituzione della CER che fa richiesta.
L’art. 3 comma 2 c), del Decreto, stabilisce che «Gli incentivi di cui al presente Titolo si applicano a impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, inseriti all’interno delle configurazioni di cui al comma 1 nel rispetto dei seguenti requisiti: (…) c) le Comunità energetiche rinnovabili risultano già regolarmente costituite alla data di entrata in esercizio degli impianti che accedono al beneficio (…)».
Dunque, un’interpretazione letterale della norma porta ad escludere dagli incentivi tutti coloro che hanno realizzato impianti entrati in esercizio dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 199/2021 (16.12.2021), facendo affidamento sulla possibilità di metterli a disposizione di una futura CER, con conseguente accesso agli incentivi.
L’affidamento maturato dagli operatori del settore.
A questo punto dobbiamo fare un passo indietro e capire se tale affidamento fosse effettivamente fondato.
a) D. Lgs. 199/2021
A tal fine, bisogna tornare al 2021 e, in particolare, all’art. 8 comma 1, lett. a) del D. Lgs. 199/2021, secondo cui «possono accedere all’incentivo gli impianti a fonti rinnovabili che hanno singolarmente una potenza non superiore a 1 MW e che entrano in esercizio in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto».
E’ evidente che il D. Lgs. n. 199/2021, che definisce, anche in base alla gerarchia delle fonti, il perimetro entro cui avrebbe dovuto muoversi il Decreto CER, non fa alcun riferimento alla condizione secondo cui la CER deve essere già costituita al momento della messa in esercizio dell’impianto.
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Precisazione.
Onestà intellettuale e coerenza impongono di precisare che per tutti i mesi di attesa del Decreto CER, il sottoscritto ha sempre pubblicamente (nonché nell’attività professionale) sottolineato l’importanza di adottare la massima prudenza, suggerendo in particolare di farsi trovare pronti con i vari piani di realizzazione delle CER senza spingersi alla concreta installazione degli impianti.
Tale convinzione nasceva dal fatto che, in un paese come l’Italia, di fronte ad un istituto così innovativo di matrice europea come la CER, l’esperienza (anche quella istituzionale) insegna che è meglio muoversi soltanto dopo che il quadro normativo è completo e definitivo.
D’altronde, la tesi più volte avanzata della “veste giuridica necessariamente sartoriale” della CER impone di avere il massimo livello di certezza sui requisiti e le regole da rispettare.
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Tanto precisato, non possono esservi dubbi sul fatto che tutti gli operatori del settore che si sono mossi con l’installazione e l’avvio degli impianti, non hanno nulla da rimproverarsi perché lo hanno fatto sulla base di una norma, il D. lgs. 199/2021, che è il punto di riferimento principale della disciplina in materia.
Tra l’altro, sebbene quanto appena detto non necessiti di altre argomentazioni, vale la pena di individuare ulteriori elementi che dimostrano la fondatezza di quanto si sta affermando.
b) Altri elementi normativi.
Lo stesso TIAD (Testo Integrato dell’Autoconsumo Diffuso), infatti, faceva espresso riferimento all’«energia oggetto di incentivazione» richiamando proprio l’art. 8 del D. Lgs. 199/2021.
Ed ancora. Le Regole Tecniche GSE del 4 aprile 2022 stabilivano che «La data di costituzione della configurazione è la data dalla quale la configurazione ha i requisiti per essere qualificata come gruppo di autoconsumatori o come comunità rinnovabile ed è la data più recente tra la prima tra le date di entrata in esercizio degli impianti di produzione o dei potenziamenti la cui energia elettrica rileva per la configurazione e la data di creazione dell’associazione tra i soggetti facenti parte della configurazione, come definita di seguito». La disposizione appena riportata, dunque, ammetteva esplicitamente che potesse esserci un impianto, già entrato in esercizio al momento della creazione della CER (la cui data di costituzione veniva individuata a questo punto proprio con l’entrata in esercizio dell’impianto).
Il rischio di eccessiva sottovalutazione del dibattito giuridico sulle CER.
Sia consentita inoltre una brevissima riflessione: la nuova (e inaspettata) impostazione data nel Decreto, tradisce un’eccessiva semplificazione (rectius, banalizzazione) del fenomeno dell’autoconsumo condiviso nella misura in cui sembra ignorare completamente il dibattito che si è sviluppato in questi mesi in ordine ai tanti profili giuridici, primo tra tutti quello della forma giuridica da adottare.
Infatti, se anche un imprenditore esperto del settore avesse previsto le intenzioni del legislatore, avrebbe comunque incontrato difficoltà, in assenza delle regole operative, nella scelta della migliore forma giuridica di una CER.
D’altronde, è lo stesso legislatore che ha approfittato di questi mesi per apportare modifiche normative finalizzate ad adattare meglio il nostro ordinamento alle esigenze delle CER: si pensi all’art. 3 septies del D.L. n. 57 del 29.05.2023 (Legge di conversione n. 95 del 26.07.2023) – con cui il legislatore italiano ha modificato, sia il CTS (art. 5 comma 1, lett. e)) sia il D.lgs. n. 112/2017 (art. 2 comma 1, lett. e)), introducendo tra le attività di interesse generale perseguite rispettivamente da ETS e imprese sociali gli interventi finalizzati «alla produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199».
Insomma, siamo di fronte ad un quadro normativo certamente non ancora stabile, in presenza del quale non si può rimproverare ad alcun soggetto il fatto di essersi mosso con l’installazione tecnica degli impianti in attesa che si definisse la fase di assestamento del nostro ordinamento giuridico.
c) Ulteriore elemento di valutazione: le slides di presentazione del Decreto CER.
Per usare un’espressione tipicamente forense, la prova provata di quanto si sta affermando l’abbiamo nella “condotta” del legislatore poco prima della pubblicazione del Decreto CER.
Non prenderemo in considerazione, poiché si potrebbe replicare che non era “ufficiale”, la bozza del Decreto CER circolata in internet, in cui l’art. 3 non faceva minimamente riferimento al requisito della anteriorità della costituzione della CER rispetto agli impianti (il testo recitava: «le Comunità energetiche rinnovabili risultano regolarmente costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi di cui al presente Titolo»).
Tuttavia, erano certamente ufficiali le slides pubblicate sul sito del MASE il 22 novembre 2023 e denominate «Presentazione decreto CER».
E’ perfino superfluo sottolineare un certo “disagio” nel focalizzare l’attenzione anche sulle slides del Ministero le cui finalità sono, ovviamente, meramente comunicative: tuttavia, visto che rappresentano comunque un documento pubblicato sul sito del MASE, si ritiene opportuno sottolineare come, fino al 22 novembre 2023, la comunicazione ufficiale del Ministero non consentiva a nessun operatore di prevedere l’esclusione degli impianti già entrati in esercizio prima della costituzione della CER.
Ebbene, nella slide in cui si riportano «I requisiti di accesso alla tariffa incentivante», non si fa alcun riferimento alla novità introdotta nel Decreto e si specifica semplicemente che «Le Comunità energetiche rinnovabili risultano costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi».
In conclusione, non vi sono dubbi sul fatto che la novità relativa agli impianti già avviati prima della costituzione di una CER, è certamente piombata ingiustamente e improvvisamente creando un margine di incertezza che il nostro Paese non può permettersi su un passaggio ambientale, sociale ed economico così importante.
Il “chiarimento” in Parlamento: l’ “impianto di comunità”
Della fondatezza di quanto appena affermato, è perfettamente consapevole il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che, in risposta all’interrogazione della Deputata Ilaria Fontana, ha affermato che «Sulla scorta dell’esperienza di altri Stati membri, la condizione è che possa dimostrarsi che l’impianto sia stato progettato, sin dal principio, come “impianto di comunità” e, dunque, con l’obiettivo di accedere all’apposito regime incentivante».
Ora, se da un lato questa risposta apre un margine di speranza in ordine alla possibilità di inserire gli impianti in questione tra quelli che accedono all’incentivo, dall’altro lato non può non sottolinearsi la genericità di una affermazione che dovrà necessariamente trovare specifica concretizzazione in criteri oggettivi inseriti nelle regole operative (si tratta a questo punto di un’operazione complessa con il rischio che si sviluppino contenziosi ad opera degli eventuali esclusi).
Il Tiad aggiornato e le FAQ.
Al contempo, bisogna anche registrare che la delibera ARERA del 30 gennaio 2024 (15/2024/R/eel) sembra confermare invece, con assoluta nettezza, la linea intrapresa dal Decreto CER, atteso che i riferimenti del TIAD al D. Lgs. 199/2021 vengono sostituiti dai richiami al decreto ministeriale del 7 dicembre 2023 (cfr. il testo aggiornato del TIAD). Nella medesima direzione, d’altronde, vanno le FAQ pubblicate dal Ministero, in cui si legge che «Tali impianti [quelli che possono accedere agli incentivi, n.d.r.] sono generalmente di nuova costruzione, anche se possono far parte di una CER impianti già realizzati, purché entrati in esercizio successivamente alla data del 16 dicembre 2021 (data di entrata in vigore del D.lgs. 199/2021) e comunque successivamente alla regolare costituzione della CER».
Considerazioni conclusive
Alla luce di quanto fin qui esposto, non si può che esprimere l’auspicio che il MASE dimostri la piena consapevolezza che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio bivio per il futuro delle Comunità Energetiche (e delle CACER in generale).
Di fronte ad uno strumento così importante per la transizione energetica con potenzialità ambientali, sociali ed economiche enormi (si stimano, per fare un esempio, circa 210.000 progetti con 2.000.000 di aderenti), è fondamentale che le regole operative soddisfino il requisito della chiarezza necessaria per raggiungere l’obiettivo prioritario di semplificare l’azione di tutti gli imprenditori, cittadini, famiglie, enti e amministrazioni locali che vogliono partecipare meritoriamente a questa fase.
Tutte le CACER sono ispirate da una nuova prospettiva sociale in cui gruppi di soggetti si fanno carico di una parte di transizione energetica insieme alla Pubblica Amministrazione.
Il passo falso compiuto dal Decreto CER sugli impianti ammissibili rischia paradossalmente di frustrare le aspettative di coloro che hanno creduto fin dall’inizio nelle potenzialità delle Comunità Energetiche.
Laddove le regole operative non riuscissero a sciogliere i vari nodi che si sono venuti a creare con il Decreto CER, diminuirebbe inevitabilmente il livello di affidabilità dello Stato agli occhi dei suoi cittadini, imprenditori ed enti più attivi nel tessuto socio-economico.
In attesa di giungere in futuro a quella “amministrazione condivisa” che abbiamo richiamato in un precedente contributo, si può avanzare fin da adesso la speranza (o meglio, l’aspettativa) che le regole operative inaugurino un percorso nuovo del rapporto con cittadini e operatori del settore, caratterizzato, da un lato, dall’ambiziosa condivisione di intenti e prospettive e, dall’altro lato, dal rispetto che si deve a tutti coloro che, confidando nella parola dello Stato, hanno legittimamente investito risorse ed energie.
Ribadiamo, a costo di sembrare (ed essere) ripetitivi, che ogni CER deve avere una propria “veste giuridica necessariamente sartoriale”: le regole operative non perdano l’occasione di fornire, in maniera chiara e lineare, gli strumenti per poter finalmente iniziare a realizzare le Comunità Energetiche realmente “su misura” delle esigenze sociali, economiche ed ambientali previste dalla legge.
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