Con l’ordinanza n. 34026 depositata il 18 novembre 2022, la Corte di Cassazione interviene in materia di risarcimento del danno all’immagine patito da una società e, in particolare, sotto il precipuo aspetto della prova di tale danno.
L’ordinanza ribadisce un orientamento della Corte di Cassazione secondo cui la prova del danno non patrimoniale arrecato ai diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all’immagine, può essere data attraverso una deduzione, in via presuntiva, di elementi costitutivi e circostanze di fatto noti.
Nel caso di specie, la società che aveva adito le vie giudiziarie gestiva uno stabilimento balneare su un litorale tacciato, su due articoli di giornale, di essere altamente inquinato.
La società attrice riteneva che entrambi gli articoli avevano riportato circostanze non corrispondenti al vero, gravemente diffamatorie e lesive del suo diritto all’immagine e alla reputazione e, pertanto, di aver subito danni patrimoniali e non patrimoniali di cui chiedeva il risarcimento.
Nel caso di specie, era stata effettivamente accertata dalla Corte d’appello l’insussistenza del requisito della verità (oggettiva e putativa) delle notizie.
Inoltre, era stato correttamente affermato che la rettifica pubblicata rappresentava il «riconoscimento della erroneità di quanto riportato negli articoli, ascrivibile a negligenza, imprudenza e superficialità».
Tuttavia, secondo la corte d’appello sarebbero mancati gli elementi «indiziari seri, precisi e concordanti» poiché non risultava «affatto provata la diminuzione della considerazione della società X nell’ambito dei consociati o di categorie degli stessi con cui la stessa si è trovata a dover interagire».
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in commento, non condivide su quest’ultimo punto le argomentazioni della Corte d’Appello, la quale, in buona sostanza, aveva ritenuto che non fosse stata allegata la prova del danno.
Nel censurare su questo punto la sentenza impugnata, la Suprema Corte sottolinea che la notizia falsa della non balneabilità delle acque di uno stabilimento marino determina, di per sé e inevitabilmente, «un danno alla reputazione commerciale» della società che gestisce quello stabilimento.
In particolare, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non “sussumere la vicenda entro il paradigma del ragionamento presuntivo e ritenendo privi di gravità, precisione e concordanza ai fini di inferirne la conseguenza ignota fatti storici che ne avrebbero invece avuto le caratteristiche (in questo senso vengono richiamati: Cassazione, SS. UU., n. 1785/2018 e Cass. n. 1720/2018.).
Nell’ordinanza in questione, viene esplicitamente richiamata anche la precedente pronuncia del 10 maggio 2017, la numero 11446, che stabiliva un principio perfettamente applicabile al caso in questione: «in tema di risarcimento del danno non patrimoniale subito dalle persone giuridiche, il pregiudizio arrecato ai diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all’immagine, può essere oggetto di allegazione di prova anche attraverso l’indicazione degli elementi costitutivi e delle circostanze di fatto da qui desumerne, sebbene in via presuntiva, l’esistenza».
In quell’occasione, la Corte di Cassazione aveva affrontato il tema del risarcimento dei danni non patrimoniali subiti da una società a seguito di una vicenda corruttiva: secondo la Corte d’Appello, in particolare, pur essendo accertato il diritto al risarcimento, non si poteva procedere alla determinazione di un danno di cui non era stato allegati elementi idonei a consentire una quantificazione equitativa (testualmente, «per non avere la parte allegato alcun paramentro ex art. 1226 c.c., idoneo alla sua quantificazione»).
Dunque, risulta sempre più radicato, in base ai principi generali (cfr., in tal senso, Cass. n. 19647/2004), l’orientamento della Suprema Corte, in base al quale l’onere della prova può essere soddisfatto dall’indicazione degli elementi costitutivo e delle circostanze di fatto da cui dedurre, sia pure in via presuntiva, l’esistenza del danno in questione.
Vale la pena di specificare l’importanza di portare all’attenzione del giudice il maggior numero di elementi possibili che possano supportare il ragionamento presuntivo che porterà alla quantificazione del danno.